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In ricordo di Emilio Riccobono Emilio Riccobono, tiburziano doc, innanzi tutto, anche se indotto per la profonda amicizia che ci legava. Aveva diversi anni più di me e l’avevo raggiunto a scuola, perché più volte ripetente, nel corso degli studi superiori all’Istituto Baccelli di Civitavecchia. Fin da adolescente si è dedicato alla poesia in particolare dialettale, componendone ben oltre 200. Soggetti evocati nelle sue rime … la famiglia, il lavoro, gli amici, le ricorrenze ed i luoghi cari. La sua partecipazione a svariati concorsi di poesia è stata caratterizzata dal conferimento di numerose attestazioni. Recentemente scomparso, ho ritenuto doveroso far conoscere ai tiburziani attuali, nel corso di un’uscita, le due poesie dedicate al trekking oltre quella c.d. “Nostargia”, che rievoca personaggi “passati” del secolo scorso, con la quale ha vinto il primo premio di un importante quotidiano. Se vi capita di consultare il sito storico del Gruppo ovvero … gruppo trekking tiburzi – home page, c’è una parte completamente dedicata a lui con vari video, ripresi al termine di ogni uscita, quando declamava poesie sue o di altri, sotto il link Poesie “Emiliane”. Ivano, 31-10-2018 ER TREKKINGHE Er trekkinghe, da vecchio, me mancava, me so comprato l’equipaggiamento, un ber bastone pe’ tenemme ‘n piede, ma casco sempre e me ritrovo a sede …
Se ‘n fosse pe’ Ivanetto, core granne, e de tutte ‘sta amici c’ho trovato, nun ce starebbe a ffa ‘ste maratone, co’ rischio de piamme ‘n coccolone …
Però che v’ho da dì, è troppo bello, l’arberi che se specchino sur fiume, le foje t’accarezzino sur viso: te pare d’esse ‘n cima ar paradiso.
Cervetèri, Manciano, Bagnoreggio, Norchia, Tolfaccia, Luni sur Mignone, Gole dell’Infernaccio e Cascatelle, sortanto qui te poe ‘n griccia la pelle.
Cammine cor sorriso su le labbra, quarcuno s’è poggiato su ‘na roccia, se sente er GIPIESSE der CINGHIALE … sembra che se fermamo: meno male!!!
Se semo in un minuto già sbragate, c’è chi s’è ‘nturcinato cor zainetto, in questo paradiso che splendeva, mancava solamente Adamo ed Eva.
LA BRIGATA TIBURZIANA La sveja sona so’ le sette e mezza, però nun dormo da du’ ore e ‘n quarto, oggi adè giornata eccezzionale, cor Gruppo festeggiamo un ber Natale
Er celo adè abbottato, quasi piove, sposto la tenna pe’ vedè di fora, sur tavolo ‘u cucina c’è ‘r zainetto, ciò ‘n dubbio: me rimetto dentro a letto?...
Mi moje me ‘nturcina le lenzola: sbrigate, arzite, mette su’ ‘r caffè, saremo come sempre ‘na fiumara, cià spetta la Brigata Tiburziana.
Spesso se lamentamo der percorso, quarcuno vo anna’ solo giù ‘ndiscesa… so’ tutto cionco da oggi a giovedì, ma quanto è bello trovasse sempre lì.
Saluti, baci, pacche su le spalle, già semo pronti pe’ sta camminata, in fila indiana cor bastone in mano, se parte su ‘n salita piano-piano.
Un gruppo eccezionale, ce poe crede, da tanti inutilmente ricopiato, chi guida ‘sta brigata con amore, po’ esse solamente: IVANO ER CORE.
NOSTARGIA ‘Na nuvola dar cielo s’è abbassata, se move piano-piano dolcemente. ‘Na fila lunga come dieci mesi, piena de gente: so’ Citavecchiesi!
Se sbraccino, salutino contenti Quarcuno addirittura è mascherato, Ovidio a cavacecio a ‘n carrettino S’è mascherato ancora da scupino.
Agusto de le Serve in prima fila, annuncia la sfilata de le carre, la Pazzariella piena de cestine, è pronta a venne semi co’ lupine.
Casti co’ la lambretta ‘n po’ truccata, dietro ar sedile cia’ la Biscottina, cor fazzoletto rosso de colore, arriva mo’ Tonino ‘r Paperone.
Ade’ ‘n pienone, c’è ‘na gran caciara, Zenone, la Pescetta co’ Pietraccio, guardino compiaciuti er Carnovale co’ nostargia ricordino ‘r Viale.
Le musiche accompagnino le carre, le strade so’ coperte de colore, vola ‘n gabbiano, scivola sur mare, la nuvola s’innarza e poe scompare. Ovidio. (Ovidio Gargiullo Civitavecchia 1922-1995) Personaggio singolare … svolgeva le funzioni di accalappiacani e di spazzino in servizio presso il Comune di Civitavecchia, non in piena armonia con se stesso, fisicamente dotato di forza straordinaria, un “buono” comunque , spesso veniva preso di “mira” da buontemponi, privi di spirito che lo esasperavano ed allora usava tutta la sua energia anche manifestando con atti di violenza. Agusto de le Serve, (Augusto de’ Guidi Civitavecchia 1885-1940 c.a.), banditore popolare che annunciava il suo arrivo con il fischio modulato e caratteristico quale lo squillo militare dell’attenti. Scapolo e donnaiolo impenitente (forse frequentando le domestiche, donde il soprannome), viveva con i modesti compensi di banditore di piazza. Si prestava ad eseguire per le vie piccoli annunci … “ S’è perzo un rigazzino che abbita a le du’ colonne (portone in Via Pietro Manzi) ….” , “hanno aperto un negozio in Via…”Etc. La Pazzariella, non si hanno notizie anagrafiche di questa donna un po’ “pazzerella”, donde il soprannome. Forse abruzzese. Civitavecchia nel dopo guerra si è ritrovata con tanti sbandati in giro, venuti da chissà dove, benignamente accolti, poi divenuti personaggi “particolari”. Sui marciapiedi avanti le scuole la si trovava a vendere semi, lupini, caramelle, lacci di liquerizia, mostaccioli. Un po’ “fuori testa”, non per i suoi conti, che sapeva ben fare. Casti Salvatore, detto l’inventore, caratteristica maschera della Civitavecchia del tempo che fu, portava i capelli come Albert Einstein, da scienziato pazzo, vestiva con giacca e pantaloni grigi, sempre sgualciti. Ha lavorato presso gli stabilimenti chimici di Aurelia. Nel dopo guerra aprì un’officina di lattonerie e carrozzeria in Via degli Orsini. Era molto preciso nell’eseguire i lavori, con pochi attrezzi rudimentali. Morì intorno al 1995 in miseria. Si prodigò tanto per far funzionare una lambretta con carburante accadueo, ovvero ad acqua. E gli fecero lo scherzo di fargli il pieno di benzina invece che di acqua, immaginabili le conseguenze. Un bel giorno dei bravi ragazzi gli fecero saldare la bicicletta addosso ad un palo di ferro, che aveva parcheggiato fuori di un bar di Corso Centocelle. Biscottina, barbona civitavecchiese, che dicono sia stata molto bella da giovane. Per la sua bella carnagione veniva paragonata ad un biscotto. Tonino ‘r Paperone, nella letteratura locale non ho trovato riferimenti su questo singolare personaggio. Alto poco meno di un metro e mezzo, di sesso indefinito, curtilineo robusto, grossa e dura capoccia, lavorava tra i banchi del mercato sfangando la giornata. Prestava l’opera manuale giornalmente a chi ne avesse bisogno, guadagnandosi la giornata. Riusciva con il mezzo busto a sollevare un carro carico dal peso di vari quintali. Di lui raccontavano che avesse rotto la testa al nano “Bagonghi”. Il fatto … giunge un circo in città, tra le varie attrattive, anche la sfida di fare a “capocciate” con il nano circense, ben noto per averla dura e grossa. Pensate che intorno al 1900 anche un uomo di colore rappresentava un’attrazione per la gente, tanto che mio nonno mi raccontata che in un circo c’era un certo napoletano che per sembrare un “nero” si colorava la pelle con del lucido da scarpe e per apparire così alla gente … ma tornando allo scontro del nostro Paperone con il nano, si racconta che quando si diffuse la notizia della sfida lanciata dai gestori del circo, venne rintracciato Tonino ‘r Paperone. I due al rullo dei tamburi vennero posti di fronte nella pista circolare. Al via sono partiti con le testa inclinata impattando le due capocce a metà circa della pista. Tornati al loro posto sembrava che non ci fosse un vincitore ma, poco dopo, il nano cadde a terra svenuto tra gli applausi per Tonino “l’ariete” locale. Zenone. Non ho trovato nulla, sui libri degli storici locali, che ricordasse questo personaggio. Ricordo solo che nel secolo scorso girava in città l’adagio “ti acchiappa Zenone”, credo con il significato spregiativo. Pescetta. Caratteristica venditrice ambulante di pesce, donde il nome, arrangiava la vita con il gioco della riffa. Ancora in Città circola l’adagio “o de riffe o de raffe ‘a Pescetta ha da campà”, con il quale l’Avv. Annovazzi fece scagionare la donna avanti il giudice, incriminata per “lotteria non autorizzata”. Pietraccio. Altro barbone molto noto in città. Era nato a Roma nel 1880, inabile al lavoro, con un carrettino a mano svolgeva piccoli servizi di trasporto in città. Anziano, si ridusse a fare il mendicante divenendo oggetto di scherno e di scherzi, anche di pessimo gusto. Una volta lo affissero ad un gancio esterno della macelleria Caravani, in zona centrale, e vi rimase del tempo, così appeso che pur divincolandosi non riusciva a sganciarsi. Con le parolacce e bestemmie di Pietraccio si poteva scrivere un libro, ne inventava così tante. Quando girando per il borgo nessuno lo degnava di un insulto, era lui che cercava di provocare la gente per essere sfottuto.
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