Gruppo Trek

Civitavecchia







10/12/2023 - Necropoli Rupestri di Norchia



Informazioni sull'uscita

Data: 10/12/2023

Difficoltà:

- Difficoltà media
- Presenza guadi, munirsi di stivali o buste di plastica

Distanza in auto: 40 km (a/r)

Lunghezza percorso a piedi: 6 km

Note:

         

Necropoli Rupestri di Norchia
Distanza in auto: 40
Lunghezza percorso a piedi: 6
Punto di ritrovo: Parcheggio sulla Strada Mediana adiacente il Tribunale di Civitavecchia
Pranzo: al sacco
Ora di rientro: a termine escursione
Difficoltà:
   - Difficoltà media
   - Presenza guadi, munirsi di stivali o buste di plastica


 

Il percorso auto... dal Park del Tribunale si raggiunge l'A12 Cvecchia Nord, direzione Grosseto. Si esce x Monteromano Aurelia Bis. Dopo la cittadina  presso una rotonda si gira a destra per località Cinelli-Norchia, percorrendo la strada fino ad un bivio sulla sinistra dove è ancora indicata l'indicazione di Norchia, si giunge al Park spposito dove termina. Zaini in spalla ed inizio escursione.

Gruppo trek Fra’ Diavolo

Escursioni

Etrusco-falische

Domenica 10 Dicembre 2023

Norchia

(Orcla)

 

La Dea etrusca Nortia, presumo, particolarmente venerata nel luogo, le ha dato il nome! La divinità, tanto cara al popolo Rasenna, le cui peculiarità cultuali furono il destino e la fortuna (la sorte).

Appare abbastanza certo, che fosse una dea prettamente etrusca non trovando riscontro con altre divinità di popolazioni italiche e greche coeve.

Nel suo tempio, presso l’etrusca Volsinii, venivano infissi dei chiodi sul muro, che servivano a tenere il computo del tempo (un chiodo ad anno), per monitorare il suo lento, ma inesorabile, passare.

Era comunque associata, a volte, ad Atropo, la moira greca. Divinità minore, che recideva il “filo” della vita degli uomini, decretandone la sua durata ed … “il sopraggiungere della morte”.

 

 

 

EMERGENZE DI RILIEVO

 

La Via Clodia.

Via di collegamento prettamente etrusca, si dipartiva dal sud dell’Etruria, ora suburbio”romano”, quando un piccolo centro provinciale rasenna, posto sulla Riva destra del Tevere, appena noto con il nome di Ruma, dal presumibile significato, in lingua etrusca, di “mammella”, non aveva ancora velleità particolari di conquista e mire espansionistiche note.

Collegava questa, in direzione sud-nord, i vari Centri dell’Etruria interna, con il suo tracciato principale e le varie diramazioni. Dal citato suburbio raggiungeva la Tuscia Centro Settentrionale e, forse, si spingeva ancora molto più avanti.

Careia, Tarcna, Cortuosa, Contenebra, Orcla, Statonia, Tuscania e Sovana, per citare le più note poste sulla sua direttiva, erano collegate da questa importante Via di comunicazione.

Norchia era attraversata dalla Clodia e questa via, anche se non è certo, deve il suo nome all’Imperatore Claudio, che amava molto il popolo Rasenna disponendone, nella fase di “romanizzazione” (corrispondendo ad un abbandono della VII Regio) lavori di manutenzione.

La lucumonia era attraversata da questa importante arteria che, provenendo da Blera per la Grotta Porcina, transitava nel centro del pianoro, per scendere poi verso il Torrente Biedano e superarlo, attraverso un Ponte, non più visibile, perché travolto dalle viotente piene del Corso d’acqua. Continuava poi il cammino, inoltrandosi entro la c.d. Cava Buia e, raggiunto l’altopiano dello Sferracavallo, scendeva di nuovo verso il Biedano-Traponzo, superandolo grazie ad un Ponte, restaurato intorno al 1600 da “Fra’ Cirillo Zabaldani”. Poco più avanti, la Via raggiungeva il centro di Tuscania!

 

 

 

 

 

Le necropoli rupestri del Fosso Pile, del Torrente dell’Acqualta e del Biedano.

Imponenti, maestose, con gran effetto scenico, le tombe furono realizzate sugli alti costoni di roccia tufacea, anche su più ordini di file, da ricche famiglie appartenenti ad una aristocrazia agraria che si era particolarmente arricchita, forse, nel momento in cui l’attività commerciale marittima etrusca iniziò a scemare. Dei relativi committenti poco si sa, tranne che per alcune monumentali tombe quali quelle delle Famiglie Smurinas, dei Veie e di Vel Ziluse. Altre portano soltanto i nomi di alcuni archeologi “scopritori” … Tomba (o Tempio) Lattanzi, Ciarlanti. Mentre in altri casi le particolari caratteristiche architettoniche ne hanno determinato la denominazione … Le Tombe a Tempio, la Tomba a Casetta, la Prostila, del Camino, delle Tre Teste. Qualche altra, poi, deve il nome a personaggi mitologici implicati, la Tomba di Charun, il traghettarore Caronte, scolpito in bassorilievo sulla facciata tufacea.

Il luogo, che presenta ampie e profonde forre erose nel tufo dai suoi fossi e torrenti, è disseminato ovunque di tombe monumentali a tutta vista. Molte ancora in piedi, altre in bilico, sovrapposte o precipite. E ce ne sono a centinaia, anonime, a tal punto, da non richiamare più la nostra iniziale attenzione visiva.

 

 

 

Il Centro Etrusco, il Castello Medievale e le due Chiese.

Dell’abitato etrusco, in superficie, non appare alcuna evidente traccia. Ma si sa che i nostri antenati, non riservavano case monumentali per la gente comune. Costruivano le loro abitazioni con un basso elevato di pietre, pavimento con ciottoli di fosso ed argilla battuta, mentre le pareti erano realizzate con fascine di erica, ginestra od altro (tetti straminei), poggianti su pali convergenti a cono nell’alto dell’abitazione, alias “capanna”.

Il Centro etrusco fu molto attivo fino al II secolo a.C., poi man mano fu abbandonato ed intorno all’anno mille fu quasi dimenticato. Gli abitanti si erano a poco a poco trasferiti in luogo più interno della Tuscia - forse per motivi imposti da famiglie egemoni, economici, tattici o di sicurezza - ove avevano edificato il paese di Vitorchiano (donde il none Vicus Orclanus … luogo molto bello da visitare!).

Soltanto nell’undicesimo secolo sul pianoro di Norchia fu rifondato un borgo con un castello (i cui ruderi sono ancora visibili), forse per ragioni strategiche e prestigio, ad iniziativa di Papa Adriano IV, e per motivazioni “religioso-territoriali”.

Il feudo, infine, passò nelle proprietà della potente, avida e malvagia famiglia dei Di Vico (prefetti di Roma, di origine germanica), per poi essere abbandonato nel XV secolo.

Sul pianoro ancora spicca un “tre quarti” della Chiesa di San Pietro del XII secolo, molto suggestivo, con sottostante cripta particolare, la cui architettura a volerla così ricostruire, come si presenta oggi, risulterebbe molto difficile. Ma è ciò che resta di una bella opera architettonica. Eretta su opera preesistente (tempio etrusco) e sprigiona un fascino tutto particolare, con i suoi tufi rosso scuro, specialmente al tramonto.

Questa qui, ovunque, è la mia Tuscia, che più di ogni altra cosa io amo!!! Come del resto ogni altro “paesino” che vi si incontra, abbandonato da una incontrollata globalizzazione iniziata già dal II secolo a.C., da madre Roma ingrata! E, quando cadde l’impero romano di occidente, i piccoli centri etruschi sopravvissero grazie ad economie agricole, ad uomini che amavano il loro territorio, che ne hanno mantenuto “ l’amore”, per i loro borghi, curando le loro abitazioni, i loro templi.

Un riscatto del “popolo” etrusco, che tanto meritava, che riempie di gioia il mio cuore!

Le immagini che si incontrano vagando in auto per l’Alto Lazio, sono ancora spiccatamente medievali e suggestive. I grandi registi cinematografici e teatrali avevano già scoperto questa enorme ricchezza naturale. Ed ora, grazie al trekking, e ad altre attività, questi meravigliosi luoghi sono stati “scoperti”, e si cominciano a vederne scorci in TV!

Della Chiesa di San Giovanni non se ne scorgono più le tracce, giace sepolta dai detriti e soffocata da rovi! Aspetta solo di essere riscoperta!

 

 

 

La Cava Buia

Di una bellezza indescrivibile, cui auguro ancora lunga vita! Dalla difficile localizzazione, giusto premio a chi riesce a raggiungerla! Di lei sprecherò qualche parola in più, giustamente meritata!

Completamente intagliata nel tufo, maestosa nei suoi 400 metri di lunghezza, 2,50 mt. di larghezza e 10 mt. circa di altezza media, vita. Teme soltanto l’invadente bacolaro che infiltra le sue radici nelle pareti di tufo, le fesa, le spacca, lasciandole in bilico per poi farle precipitare giù. Ma è sempre una bella ed affascinante “anziana signora” che porta bene i suoi duemilaquattrocento anni ed io le sono molto affezionato … da considerarmi coetaneo, avremo forse vissuto insieme un’altra vita.

I suoi scorci, le lunghe panoramiche, le elevate pareti a strapiombo … di storie ce ne potrebbero raccontare “mai tante”. Molta gente ha calpestato la sua carreggiata, dalla sua etrusca concezione fino al 1400, quando la città di Norchia fu abbandonata forse per una grave forma malarica, quando già aveva subìto un notevole calo demografico.

Fu utile ai longobardi invasori, alle Sante Crociate per raggiungere il medioriente, all’inizio del primo millennio. Una miriade di pellegrini l’hanno percorsa in viaggio verso Roma, dopo che fu Perduta la Patria Celeste. Ed ora, utile anche a noi, per rinfrancarci lo spirito e per bearci della sua bellezza e proprio da ultimo, per completare l’anello della nostra escursione!

L’opera è sempre viva, soltanto alcune significative iscrizioni incise sulle sue sponde sembrano scomparse per lenta abrasione dalle acque piovane “Ti. Terentius” e “C.Clodius Thalpius”, nomi dei consoli romani che ne hanno fatto manutenzione. Altre o simbolismi religiosi, riferibili al medioevo, sono ancora visibili ed appaiono improvvisamente alla vista, occupata al controllo di “dove” si mettono i piedi. Ma occorre più attenzione, per colpire questi aspetti inusitati, mentre si sale verso lo Sferracavallo, già stanchi, perché questa opera veramente lo merita, poi “perché” … non si sa mai quando ci si possa tornare...

Un tempo, secondo particolari studi effettuati, si è capito che buona parte della Cava era coperta. Una sorta di lunga galleria, e quando il viandante usciva sul vasto pianoro soprastante, la forte luce bianca del giorno doveva abbagliare i suoi occhi adattati alla penombra.

La vasta pianura dello Sferracavallo, stranamente adibita a vasto poligono militare, malgrado infarcita di emergenze archeologiche, che molti ha arricchito con scavi clandestini, una volta poteva rappresentare il granaio e l’area di allevamento di bovini ed equini della Lucumonia.

Nel IV sec. A.C, sicuramente il pianoro rese parte delle fortune e ricchezze accumulate ai suoi abitanti legittimi, donde l’agiatezza del popolo e la magnificenza ostentata dagli spettacolari rilievi archeologici.

E la Via Clodia attraversava tutto il piano per raggiungere Tuscania. Grande ed anche ricco di acque, per tre lati confinante con vari torrenti, a sud ed est c’è il Biedano, alla sua estremità nord-est i fossi Leia e Rigonero, mentre a nord ovest il torrente Traponzo, che nasce per la confluenza dei tre corsi d’acqua (tre ponti). Il torrente si immette più avanti, verso ovest, nel fiume Marta.


 


 

Vanì, 21 novembre 2023



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