Gruppo Trek

Civitavecchia







04/02/2023 - MAZZANO ROMANO ... IL TORRENTE TREJA ... CALCATA



Informazioni sull'uscita

Data: 04/02/2023

Difficoltà:

- Difficoltà media

Distanza in auto: 170 km (a/r)

Lunghezza percorso a piedi: 8 km

Note: VARIAZIONE GIORNO DI PARTENZA .... SABATO 4 FEBBRAIO 2023

         

 

 

 

MAZZANO ROMANO ... IL TORRENTE TREJA ... CALCATA
Distanza in auto: 170
Lunghezza percorso a piedi: 8
Punto di ritrovo: Parcheggio sulla Strada Mediana adiacente il Tribunale di Civitavecchia
Pranzo: al sacco
Ora di rientro: a termine escursione
Difficoltà:
   - Difficoltà media
 

 

 

 

 

TREK   FRA' DIAVOLO CIVITAVECCHIA

 

SABATO  4 febbraio 2023

 

 

 

“DAL PITTORESCO BORGO DI MAZZANO ROMANO A CALCATA - ATTRAVERSO LA VALLE DEL TREJA”…

TRA NATURA ED ARCHEOLOGIA

 

ATTENZIONE

 

Alla variazione del giorno di escursione

 

 

NOTE

 

Partenza ore 8,30 dal parcheggio del Tribunale di Civitavecchia

No Guadi!

Pranzo al sacco!

Presumibile rientro ore 16.30 – 17.00

 

Percorso auto: Dal Park si raggiunge l’ingresso A12 Civitavecchia Nord. Si esce a S.Severa e si percorre l’Aurelia per deviare a sinistra verso il Sasso. Si raggiunge la Braccianese Claudia (s.p. 493) e si gira a destra verso Bracciano. Si supera la cittadina continuando sulla Braccianese per pi deviare a sinistra in direzione di Anguillara Sabazia (3  km esatti dopo la rotonda in prossimità di Bracciano). Raggiunto il Lungolago si entra in Anguillara, si supera girando a sinistra direzione Trevignano. Poco prima della cittadina si devia a destra direzione Mazzano Romano (SP. 4 Via  Settevene Palo). Superato un cavalcavia si prosegue sempre diritti. Frattanto la nostra provinciale è divenuta n. 37. Di seguito poi diverrà 16 b. Giunti nella cittadina di Mazzano si percorre Via Romana per raggiungere un parcheggio in Piazza Ungheria od intorno. Qui si lasciano le vetture per iniziare l’escursione.

 

PERCORSO ESCURSIONE: Dal  paese di Mazzano Nuova si raggiunge il suo centro medievale. Breve ricognizione per ripartire verso Calcata. Il percorso si snoda intorno all’alveo del Torrente Treja. Poi il sentiero del Fosso della Mola e si arriva sotto la Cittadina di Calcata. Si raggiunge il Centro, visita poi ritrovo per tornare a Mazzano. Impossibilitati ad effettuare il giro ad anello classico  … (alcuni benpensanti hanno dato fuoco ad un ponticello in legno sul sentiero 013), siamo costretti a giungere a Calcata sul sentiero 001 per poi ripercorrere a ritroso il percorso di andata.

 

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Un arrivederci al giorno dell’escursione”  Vanì 26/01/2023

 

 

MONTE GELATO – MAZZANO ROMANO – IL TREJA - CALCATA

 

 

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La nostra escursione prende le mosse dalle belle e suggestive anse del Torrente Treja, in territorio classico Falisco. La popolazione del luogo, poco dissimile da quella etrusca, abitava il così detto “Ager Faliscus”, territorio compreso tra i Monti Sabatini , i Monti Cimini, con confine sulla sponda destra del Tevere. Le principali città: Falerii Veteres (Civita Castellana), Fescennium (Narce-Calcata), Vignanello, Vallerano, Corchiano, Sutri, Nepi e Capranica. Sacro territorio che ha pagato per primo gli effetti devastanti della romanizzazione. La lieve diversità etnico linguistica dei Falisci, rispetto a quella etrusca, viene attribuita, da fonti letterarie classiche, ad una possibile discendenza di origine pelasgica od argiva di questo popolo. Onde il nome del Fondatore della sua capitale”Faleri”, l’argivo “Halesus”, discendente del mitico Agamennone. Halesus, secondo la mitologia greca, sarebbe figlio di Briseide (o  Clitemnestra) e di Agamennone. Si ricorda la vicenda omerica secondo cui il mitico re sottrasse la schiava ad Achille, scatenando la sua ira funesta!

 

Il Fiume Treja riceve le acque dell’immenso ed impensabile bacino idrico sotterraneo del Lago di Bracciano, per sbizzarrirle e scinderle, poi, in mille sonori e gradevoli rivoli e piacevoli cascatelle nell’ampio territorio. Ma il capolavoro dell’opera è raggiunto dalle Cascate di Monte Gelato, luogo molto visitato e scelto da giovani coppie per giurarsi eterno (?)  amore. Al cospetto di verdi cupee, spumeggianti acque che, negli ampi bottegoni, riflettono i damascati abiti da sposa, le linee lunghe e dure degli abiti scuri maschili.

Il nostro iter esclude a priori questo bel luogo, il nostro percorso ci porterà al bel paese di Mazzano Romano, per poi accompagnarci sotto Narce ed infine alla nostra Calcata.

La insignificante e coltivata piana con le sue notevoli abitazioni in villa della classe abbiente romana, oltrepassa il verde di Monte Gelato e tutto il bacino del Treja, ostentando sbiaditi spunti e fastidiosi ricordi con le leccate costruzioni architettoniche, prive di animo e spirito, in contrasto con una meravigliosa natura fluviale, qui particolarmente feconda.

 

MONTE GELATO

 

Qui il paradiso sta per cominciare entro la Valle! Prospiciente le amene cascatelle, un’antica mola, con il suo incessante lavoro va a sfruttare il dislivello del pendio collinare, nascosta tra l’alta vegetazione!

Inattiva dal 1960 … ormai stanca rende il suo affannato respiro, ha prestato servizio fin dal popolo Falisco, che l’ha progettata e costruita per macinare farro e grano, uve ed olive. Restaurata più volte nel corso dei secoli, e così, come ci si presenta, venne rimaneggiata nel 1830 per volere della Famiglia Del Drago. Lo stesso Casato che nel proprio patrimonio vanta, tra l’altro, l’Isola Bisentina nel Lago di Bolsena e tante altre proprietà, oltre al territorio di Mazzano Romano. Questi principi della Chiesa…!

Poi odierni restauratori hanno sapientemente ricostruito e rimesso in ordine le facciate esterne della mola, il meccanismo di molitura e creato all’interno degli ambienti una mostra sugli aspetti storici ed archeologici del complesso, posto pannelli interattivi sulla flora e fauna del luogo.

Il complesso idraulico e meccanico si presenta così senza destare sospetti di interventi “contemporanei”, anche l’occhio più attento ed esperto ne resta ingannato (qualche cenno e piccolo intervento di manutenzione di falso antiquariato!)!

La fauna ittica del corso d’acqua elenca la lampreda, il cavedano, il barbo, il granchio ed il gambero. E’ qui, tra queste forre, che nidifica il gruccione, con la sua livrea sgargiante dal colore giallastro-blu metallico, dopo il suo incessante sorvolo del mediterraneo. Extracomunitario di rango, sverna in Africa per tornare puntualmente da noi in primavera. Mentre non è raro scorgere, a pelo d’acqua del fiume, l’usignolo, il merlo acquaiolo, il martin pescatore e l’airone cenerino. Per poter osservare questi discreti abitanti del bosco, ormai rari, prede di collezionisti, di cacciatori senza scrupoli e dei veleni dispersi dall’uomo nell’ambiente, occorre procedere con cautela, a passi felpati, senza far rumore. Non è il caso dei Gruppi escursionistici, che procedono felici e beato con un loro frastuono abituale tutto loro.

Comprensibile il comportamento degli ultimi abitanti del bosco! Il rischio di finire, da un momento all’altro, imbalsamati su un camino di una villa è davvero tanto, seppur con un reso aspetto  duraturo e d’effetto, ma polveroso, poco onorevole ed insensibile!

Superata l’area della mola il percorso procede cautamente lungo la sponda del Treja, tra forre elevate, vegetazione rigogliosa, pronunciate anse del fiume che qui scivola indisturbato quieto su un più largo letto. A tratti interviene gorgogliante tra gole anguste, a presagire qualche lieve cascatella. Qua e la obliqui raggi solari tagliano il sentiero a mostrare reconditi angoli, resi ancor più belli e più profondi dai naturali e sempre diversi giochi di luce, che sfuggono la loro bellezza!

Al primo bivio il sentiero fiancheggiante un affluente del Treja può portare alle fonti Virginiane. Ottima questa fonte di acqua frizzantina. Rigenera in un baleno le energie perdute  nel cammino.

Poco più avanti si può procedere con passo più spedito. Dopo qualche chilometro si può raggiungere una “fornace preistorica”. Questo reperto giunge a noi direttamente dal periodo del bronzo medio (probabilmente è qui da oltre quattromila anni), è una sorta di industria fossile. Sfruttando una prossima vena di ottima argilla sotterranea è passata di mano in mano senza crisi e soluzione di continuità per millenni, grazie a richieste di manufatti di architetti romani, per le loro elucubrazioni artistiche in ville agresti, che l’opificio continua a produrre .

Con stampi in legno, rettangolari od a semicerchio, e ancora altro, sono ricavati mattoni (pianelle) da essiccare al sole. Dopo un paio di settimane passaggio in fornace, con un fuoco di fascine per un tocco finale (così come il pane quotidiano nei forni a legna).

Ma il momento più bello però si presenta quando, dopo alcuni giorni, la temperatura del forno scende e viene estratto il prodotto. Le pianelle assumono colori molteplici e caldi, dalle varie tinte dell’ocra, alla terra di Siena, bruciata e naturale. E questo in funzione ai gradi di fuoco ricevuti, al tipo di legna combusta, alla disposizione all’interno del forno, al microclima del giorno. La Capitale ne fa grande incetta utilizzando, questo ultimo artigianato, per la realizzazione di ville residenziali per pavimenti di un certo pregio, come già accennato. Ma oggi si nota un certo abbandono di questa interessante attività, fino a poco tempo fa molto attiva.

Procedendo ancora oltre, si incontra il primo insediamento del percorso, Mazzano Romano. Sul sentiero se ne avverte anticipatamente la presenza da qualche bottiglia vecchia di birra, del tipo di una volta, o da lamiere interrate, da materiale di scarto edile (mattoni o maioliche che andavano negli anni ’50), posto a ricoprire le buche del terreno! Utile allontanare lo sguardo!

 

Qui le forre sono altissime, di quando in quando enormi tronchi di pioppi caduti, congiungono le rive del torrente, invitando a traversare … a gesta di equilibristi!  Ma non ci inganni, qui il Treja, si è fatto ancora più grande ed un impensabile caduta potrebbe rivelarsi fatale. I “bottegoni” scoprono il cielo e  lo riflettono  con le grigie pareti circostanti.

Il canto degli uccelli si rifa’ vivo e ci accompagna, ma non si percepisce dove sia il cantore. Come i cinghiali, anche loro si avvicinano ai paesi e città, ove trovano riparo, sicurezza dai predatori e cibo a buon mercato!

Giunti a Mazzano tra le sue viuzze strette (ricordano il nostro antico gioco del Monopoli : “vicolo corto”, “vicolo cieco”! Le abitazioni affiancate, congiunte, quasi si abbracciano tra gli impensabili vicoli, per proteggersi dai terremoti e dalle asperità del pungente vento di tramontana. In cima al Paese … troviamo quello che resta dell’antica bella Chiesa diruta, progettata dal Vignola.

L’opera venne demolita nel 1940, perché minacciava di crollare dopo che un fulmine aveva colpito il suo campanile alto ben 25 metri! Belle intenzioni di restauro no! Restano in piedi solo abside-parete sud e le lunette laterali.

 

Si gradisce qui volentieri un panino imbottito, un bicchiere di buon vino, ma attenti a non eccedere! Forse è meglio una grappa polacca (ma questa è un’altra storia), un caffè e qualche dolcetto,  ma non strafare tanto per illudersi di aver iniziato finalmente la dieta, e questa volta con qualche giorno di anticipo, anche se un vecchio film ci ricorda “Mai di domenica”. Non sarà mica una volta tanto … no!

Mentre nugoli di gracole con il loro volteggiare beate nel cielo del paese, sfiorano il fiume, i tetti delle case, alberi e rocce. Ovunque si ode il loro sgraziato “cra-cra”, se ne infischiano del COVID e dell’influenza stagionale, delle crisi economiche, e del blocco delle attività produttive.

Lasciato il tempio, si giunge radicalmente nel centro del territorio Falisco vero e proprio. Si percorre la sponda sinistra del Treja, attraverso un bel “lungo fiume” per raggiungere la strada asfaltata ed imboccare il sentiero alberato che ci porta nel suburbio del meraviglioso paese di Calcata. Qui più tardi recupereremo  le nostre vetture per il rientro  a casa, frattanto I più arditi percorreranno il bel Fosso della Mola di Magliano che, dopo un centinaio di metri, un grazioso ponticello porta a raggiungere la nostra meta finale,  naturalmente sempre con il cavallo di San Francesco, per una piacevole escursione nel paesino..

ppena raggiunta la strada asfaltata, quasi del tutto inosservato, ci si presenta il primo viadotto artificiale che la storia ci tramandi. Opera Falisca del V secolo a.C. collegava Monte Li Santi a Narce. Due colli opposti, distanti tra loro circa 1.000 metri. Sul primo si trovava un insediamento abitativo e relativa necropoli, sul secondo un tempio che tanti richiamava. Purtroppo, quando nel 1960 si costruì la strada provinciale che collegò Calcata al resto del mondo, l’opera venne abbattuta, seguendo le orme della Chiesa del Vignola di Mazzano Romano! Il viadotto era lungo 150 metri ed alto 30. Ma questa è una vera e propria pandemia!

Ancora oggi si può intravedere quel che resta del viadotto, i suoi punti di attacco ai colli distanti e  gli imponenti massi di tufo disposti a filari.

Visita della città “rivista” dall’arch. Palo Portoghesi (mi scuso ma ribadisco … prima del 1960 la cittadina di Calcata viveva quasi solata dal mondo, raggiungibile dal territorio limitrofo, solo con sentieri impervi pari a quelli oggi percorsi. 

Calcata è minuscole vie, poste a raggiera, dipananti dal centro alla immediata periferia a mostrare inopinatamente panoramiche vertiginose e mozzafiato. Qua e là negozi entro bugigattoli di un tempo, disseminati tra minuti quartieri abbarbicati sulla rupe cadente, che invitano a sbirciare dentro. Maghi mal vestiti, santoni, affabulatori e fattucchiere con lunghe gonne zingaresche e capelli sciolti, incolti sulle spalle.

E’ qui esposto artigianato, non più antico, del paese. I vecchi abitanti ormai sono passati ben oltre. I giovani son andati via. Il Paese, per nostro piacere, è stato lasciato tutto “tel quel”, e “tel quel” qui lo abbiamo ritrovato. Così “Il Granarone”, il “Forno a soccio”, la “Caciera” e il “Forno venale” e, nella chiesa parrocchiale, il Santo Prepuzio di Gesù!!!

Non si trascuri nessun angolo riposto, anche a costo di divenire inopportuni e molesti nell’invadere. Correre anche il rischio di farsi leggere la mano da qualche marpiona divenuta cartomante all’ultimo momento per necessità! L’incauto forestiero danaroso, è rincorso e sedotto dalla sorpresa di aver una così rara ed interessante mano. Lunga linea della vita e pieghe mai viste, presagi di salute, eredità incombenti, amori fantastici … soldi in arrivo! Cosa si può desiderare di più dalla vita!

E’ qui che termina la nostra escursione, tra i pittoreschi vicoli dai proliferati negozietti variopinti, inondanti di aromi di spezie, tra effluvi accattivanti di radici orientali. Moderni “thermopolium” che dispensano i più impensabili ristori. Il the preparato in 100 modi diversi. La birra servita con invitanti ??? schiume galleggianti, i dolci al sesamo al papavero. Ed ancora tanti gingilli di cui da tempo abbiamo disfatto le nostre case.

Poi la vista mozzafiato sui dirupi prospicienti il Treja lungo tutto il perimetro del borgo. Gente, tanta gente in giro, tutti a riempirsi gli occhi di immagini gradevoli di un passato presente. Ovunque persone comuni, altre inconsuete, tutte comunque comprese entro un ampio arco di soggetti, dalle minoranze etniche agli uomini in scalcinati e sgualciti doppiopetto, donne in lunghi abiti zingareschi. Personaggi fuggiti dalla prigionia delle città, dal mondo, per mille motivi diversi. Ma niente guasta il luogo, anzi, compartecipa a rendere particolare e pittoresco l’ambiente. Tanta e tanta gente che alla fine troviamo difficoltà a ritrovare i nostri amici di macchina, per far ritorno al nostro mondo ed alla nostra ordinaria città. Ma Calcata è e comunque rappresenta un “medley” di immagini delle nostre radici (rubando il termine alla musica) con effetti, seppur ormai  in tutta finzione scenica, una “FRITTOLE” ante litteram dell’indimenticabile Film “Non ci resta che piangere”, le cui scene paesane furono girate, guarda caso in luoghi qui prossimi, a Capranica ed al Castelletto di Rota.

Vanì  … nel tempo!

 

 

 

 

 

 



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